Parlamento

L’iter per l’approvazione della riforma costituzionale la scorsa settimana ha conosciuto uno snodo importante con il via libera ottenuto alla Camera. Tuttavia inevitabilmente una riforma di tale portata non può accontentare tutti ed anzi lascia emergere anche profili e criticità su cui si potrebbe discutere de iure condendo. D’altronde ad autunno sarà sottoposta a referendum, ma nel frattempo un documento firmato da una cinquantina di costituzionalisti, tra cui cui Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, mette in evidenza alcuni profili che da un punto di vista giuridico meriterebbero maggiore riflessione.

In particolare gli studiosi ritengono che la riforma pur partendo da “condivisibili intenti di miglioramento delle nostre istituzioni” ha finito col tradursi in una “potenziale fonte di nuove disfunzioni delsistema istituzionale”.

Ad esempio il Senato viene svuotato delle sue funzioni e lungi dall’essere la voce delle Regioni e delle autonomie finisce col diventare la cassa di risonanza di: “rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche”. Per  superare il bicameralismo perfetto si è delineata: “una pluralità di procedimenti legislativi differenziati con rischi di incertezze e conflitti“.

Alle Regioni invece viene tolto: “quasi ogni spazio di competenza legislativa“. La riforma persegue anche la riduzione dei costi ma ciò non si ottiene sic et simpliciter diminuendo: “il numero di persone investite di cariche pubbliche”.

Tra gli aspetti positivi della Riforma, sottolineati in questa lettera aperta al Governo, vi è l’argine messo alla decretazione d’urgenza dell’esectivo, tuttavia ciò non  è sufficiente a coprire i punti critici. Riserve anche sul referendum espresse dai costituzionalisti, secondo cui per come è stato impostato  si tradurrà in un sì o in un no alla riforma, che obbligherà gli elettori ad esprimersi sulla base di convinzioni politiche piuttosto che entrae nel merito della legge.