I dati sull’esito del referendum costituzionale parlano chiaro e almeno quelli risultano incontrovertibili: 59 per cento contro il 41 per cento. Insomma una vittoria netta, decisa che ha espresso in maniera chiara la volontà dell’elettorato.
Intanto Matteo Renzi come promesso nel caso di vittoria del No annuncia le dimissioni. L’errore strategico da parte del Premier è stato quello di trasformare il voto sulla riforma costituzionale in un referendum sul governo. Insomma dare al voto una valenza politica si è ritorto contro lo stesso Renzi, che in queste settimane è andato contro il fronte dei no, sempre più nutrito e lievitante, che ha raccolto consensi trasversali dai suo rivali, da Salvini a Grillo a Berlusconi.
In tal modo il contenuto oggetto del referendum, ovvero la riforma della costituzione è passata in secondo piano. L’impressione è quindi che la polarizzazione di questo scontro voluta da Renzi abbia fatto sì che gli italiani votassero in maniera ideologica, senza comprendere a fondo le ragioni del sì e del no poste alla base dei quesiti referendari, anche perché un voto consapevole e critico avrebbe presupposto la conoscenza della carta costituzionale. Detto in altri termini il voto è stato espresso di “pancia” quasi da tifosi da stadio che si danno contro nei cori della domenica. Intanto Beppe Grillo e Matteo Salvini esultano per la vittoria del no ed invocano le elezioni anticipate.
Il toto-nomi a Palazzo Chigi per il dopo-Renzi
E’ già iniziato il toto-nomi del dopo Renzi a Palazzo Chigi: i papabili sono il Pier Carlo Padoan (che oggi non va alla riunione dell’Eurogruppo), Piero Grasso, presidente del Senato, ma anche Claudio De Vincenti e Paolo Gentiloni. Staremo a vedere.