Industria, aziende minerarie e tanti numeri in negativo che fanno precipitare il Brasile in una spirale recessiva che non si vedeva da circa 25 anni. I numeri ufficiali del PIL del paese sudamericano suonano come una bocciatura senza appello per la presidente Dilma Rousseff. Quest’ultima, già in difficoltà da mesi sul fronte politico, dovrà assumere sulle sue spalle il peso di ridisegnare la strategia economica di un paese che sino a pochi anni addietro veniva percepito dai mercati come un emergente di punta. Al netto delle analisi di queste ore, resta il dato statistico: il Prodotto Interno Lordo di Brasilia ha fatto registrare una negatività su base annua di circa il 3,8%.

La congiuntura internazionale, in particolare i forti ribassi del greggio, hanno alimentato una spirale negativa che sino a pochi anni or sono appariva imprevedibile.

Lo scenario dell’economia globale degli ultimi mesi, oggettivamente, ha avuto il suo peso nelle difficoltà del colosso sudamericano. Tutte le economie emergenti da un anno a questa parte stanno facendo registrare forti ridimensionamenti in tutti i settori. Una spia rossa che, in tempi non sospetti, le agenzie di rating per prime non avevano mancato di evidenziare. Di certo, il governo di Dilma Rousseff non sembra aver affrontato con la giusta decisione i primi segnali di avvitamento dell’economia brasiliana, spesso con annunci e misure poco incisive. Tuttavia, a particolare discolpa della classe politica brasiliana attuale, nella crisi brasiliana pesano non poco i fondamentali fragili di una economia forse cresciuta oltre le attese negli anni passati.

Il prossimo biennio non fa presagire segnali incoraggianti, con i dati del PIL ancora in negativo sulla soglia del 3% su base annua del 2016.

Quali strategie adotterà nel medio periodo Dilma Rousseff? Sul fronte interno politico, anche sulla spinta di alcune fazioni del suo stesso partito, si vuol rifuggire dalla tentazione dell’austerity, soprattutto osservando ciò che è accaduto in Europa ad inizio decennio. Nuovi investimenti ed una politica espansiva sarebbero frenati da alcuni fattori di non poco conto: la fuga degli investitori internazionali, l’inflazione elevata ed il deficit di bilancio.

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