Alzheimer

AlzheimerI lavoratori impegnati in turni corrono il rischio di sviluppare prima del tempo un decadimento delle facoltà cognitive, in particolare della memoria. E’ quanto emerge da una ricerca condotta tra l’Università di Swansea nel Galles e l’Università di Tolosa in Francia, pubblicata sulla rivista Occupational & Environmental Medicine. Lo studio ha avuto una durata quasi ventennale: gli esperti hanno preso in esame un campione di quasi 3000 persone che sono state sottoposte a dei test per valutare lo stato di salute del cervello. I ricercatori hanno così osservato che dopo 10 anni di turni lavorativi notturni e per più ore di fila i lavoratori presentavano delle performance cognitive paragonabili a quelle di una persona più vecchia di 6 anni e mezzo.

Questo avvviene perché lavorare a turni va a scombussolare il nostro orologio biologico che fasì che siamo attivi durante le ore diurne, mentre necessitiamo di riposo in quelle notturne. Questa alterazione del normale ritmo sonno veglia, stando a questa ricerca, produce quindi un precoce invecchiamento del cervello.

Tuttavia di positivo c’è la reversibilità di questo fenomeno, perché chi smette di lavorare a turni recupera dopo un periodo di 5 anni. Inoltre una precedente ricerca norvegese canadese ha messo in evidenza come trai lavoratori turnisti si rileva un aumento del rischio di infarto pari al 23%, un aumento del 24% di malattie cardiovascolari e una incidenza pari al 5% in più di ictus rispetto ai lavoratori non sottoposti a turni.